Giovedì 26 Agosto 2021 – In un caldo pomeriggio di Agosto abbiamo avuto il piacere di incontrare l’ex pilota di F1 Fabrizio Barbazza, di ritorno per qualche giorno nella sua Monza, dopo che da ormai da qualche anno si è trasferito con la famiglia a Cuba.

MiP: Ciao Fabrizio, bentornato a Monza, tua città Natale…è sempre stato nel tuo DNA il motorsport essendo nato e cresciuto a pochi passi dal Tempio della Velocità?

FB: Sono sempre stato affascinato dal motorsport, fin da piccolo i giochi che amavo erano le macchinine o le piste elettriche, con le macchine radicomandate con motore a scoppio, tutti i tipi di macchine anche a pedali.

Mi ricordo che mio padre mi portò al GP di Monza nel 1970 e arrivammo appena dopo l’incidente di Rindt e poi le tante gare viste in TV, il pomeriggio dell’incidente di Williamson nel 1973 perchè ero appena tornato da una mattinata di pesca.

Da casa mia potevo sentire il rombo dei motori della pista di Monza, io prendevo la mia bicicletta e correvo nel parco a vedere chi era. Conoscevo tutti i buchi dell’autodromo per poter entrare.

MiP: Idoli di quei tempi?

FB: Il primo pilota che tifai fu Ignazio Giunti, che purtroppo ebbe un incidente e morì in Argentina, poi come tutti i bambini di quell’epoca si tifava Steward, Rindt, Fittipaldi, Cevert, Andretti, Peterson, Hill, poi arrivò Lauda che fu il mio l’idolo. Mi ricordo la mattina del Giappone quando si ritirò e io mi misi a piangere.

MiP: Non tutti sanno però che prima delle 4 ruote hai iniziato con le moto, con buoni risultati…

FB: Corsi in moto perchè mio padre mai mi permise di correre in kart, mi diceva che le piste erano troppo lontane da casa (ed era vero) cosi un pò per ripicca dissi, se non posso correre in kart allora corro in moto! Mi piaceva la moto, vinsi qualche gara, però il mio sogno erano le 4 ruote. Arrivai a 18 anni nel 1981 e presi la patente e mio padre mi disse: vuoi correre in macchina? Avevo un amico che avrebbe corso in F1 nel 1982 Riccardo Paletti. In settembre mio padre padre consigliato da Riccardo mi fece fare il corso di pilotaggio da Enry Morrogh—lo feci e che incontrai al corso? Alex Caffi che aveva corso con me in moto e poi lui si era dirottato sui kart. Morrogh disse a mio padre che io avevo la stoffa per diventare un pilota e mio padre la prese un pò sul ridere, sapendo di aver pagato un servizio e quella pensava fosse la risposta a tutti i papà per il servizio pagato. Riccardo a novembre avrebbe provato l’Osella di F1 a Misano e se voleva mi avrebbe fatto provare una macchina di F3 così si sarebbe visto se veramente avevo del potenziale. Andai da Cesare Gariboldi a fare il sedile e sicuramente pensò chi erano questi matti a mettere su una macchina vera un ragazzino senza nessuna esperienza da corsa a parte il corso di Morrogh. Feci il sedile andai a Misano in una mattinata nebbiosa e fredda. Riccardo, per vedere se la macchina era a posto fece 10 giri e poi la diede a me. Mi infilai nell’abitacolo e non avevo idea di cosa fosse un cambio vero da corsa, misi la prima spinsi in avanti per mettere la seconda marcia, ma entrò la ​retromarcia e il cambio si bloccò. Restai immobile in macchina e mi dissi che la mia carriera era finita lì. Mi spaventai per aver fatto un grosso danno (mi ricordo quel rumore come se fosse successo in questo istante), arrivò Cesare e disse a mio padre che era stato un loro errore a non togliere la retromarcia per evitare che succedesse. Iniziai a girare con calma il primo giorno e tutto andò bene e cominciai ad abituarmi alla velocità in curva, ai freni, alle accelerazione e a sentire i cambi fatti alla macchina. Il secondo giorno girai bene, e con gomme buone feci un tempo di 1,5 secondo più veloce di quello fatto segnare da Riccardo e Cesare disse che con quel tempo sarei partito nella gara di campionato Europeo di F3 di quell’anno a metà schieramento. Adesso non era più Henry Morrogh a dire che ero veloce e avevo possibilità, ma erano i tempi fatti segnare che parlavano da soli!

MiP: Per 3 anni il campionato Italiano di F3 e la prima vittoria a Monza…

FB: Il 1983 fu il primo anno di F3 con il Genoa Racing, è stata un’esperienza difficile che mi ha insegnato che cosa erano le macchine da corsa. Ero immaturo nelle corse e con l’aiuto di Cesare, Giorgione e Loreto sono cresciuto nell’arco della stagione, poi un team più grande mi prese per il 1984 il Venturini Racing Team che era in contatto diretto con Dallara che ai tempi non era ancora molto conosciuto avendo vinto poco. Terminai 6° in campionato con la prima vittoria a Monza. Poi il 1985, prima gara Vallelunga vinta, seconda gara a Misano in testa dall’inizio si dechappa una gomma, 3 gara vinta, 4 gara vinta, 5 gara Imola in testa si rompe una molla dell’acceleratore, Monza vittoria, nel GP Lotteria di Monza in testa fino a 5 giri dalla fine e si rompe la 5 marcia, Monza settembre gara vinta. Un campionato dove avrei potuto vincere 9 gare su 12, ma la sfortuna ci ha messo lo zampino diverse volte. A Montecarlo seconda posizione. Terminai terzo in campionato e a fine stagione non volevo ripetere ancora la F3, mi sarei insabbiato e non sarei andato avanti. Nell’ 84 e 85 arrivare a Monza era perfetto, tutti sapevano chi avrebbe vinto. La pista di Monza mi veniva facile, era come girare a casa mia. Aveva delle curve fantastiche che purtroppo non esistono più, che erano la prima e seconda di Lesmo e la prima variante, era in queste curve dove si faceva la differenza con gli altri piloti.

MiP: 1986 passaggio oltreoceano…

FB: Volevo fare la F3000, ma non avevo grandi sponsor, così l’unica possibilita’ che mi venne offerta fu di Cesare Gariboldi, grande estimatore delle gare americane, che mi offri’ di correre negli USA via Robin Herd, padrone della March, in un nuovo campionato di F. 3000 che si stava creando. Firmai il contratto con un team di un italoamericano emigrato da 40 anni negli USA, Frank Arciero, dove passai gli anni piu’ belli della mia carriera. Arrivai a Los Angeles senza saper parlare inglese, la prima mattina che mi riunii con Frank e con il capo squadra e vedendo l’assoluta assenza di comunicazione tra le parti, il capomeccanico Mark Weida pronostico’ un campionato disastroso. Invece vinsi 5 gare su 9 e il campionato! Ebbi due incidenti su altrettanti ovali, uno a Milwaukee e l’altro a Pocono. Corremmo contro piloti blasonati e figli di piloti super blasonati, ma non ci fermò nulla. Con il mio meccanico Mark Weida si formò un grande feeling e non ce ne fu per nessuno. Alla fine vinsi anche sull’ovale di Phoenix. Frank per me era come un padre, avendo vinto per lui un campionato molto importante da italiano mi diede la possibilità di debuttare nel 1987 in F. Indy e di firmare un contratto di tre anni che mi apriva una carriera da professionasta a lungo termine.

MiP: Formula Indy dove hai ottenuto un grandissimo risultato…

FB: Ad Indianapolis a soli 23 anni, mi incontrai a correre con due che erano stati i miei idoli da piccolo Andretti e Fittipaldi, non mi sembrava vero. Come non mi sembrava vero di correre contro Foyt, Sneva, Rutheford, Sullivan, Mears e tanti altri. A Milano avevo un mio amico giornalista Giancarlo Falletti, che era amico di Mario Andretti, il quale chiese come favore a Mario di aiutarmi e di spiegarmi come guidare e sistemare la macchina a Indy. Mario gentilmente tutti i giorni passava da me e mi chiedeva come andava e mi dava dei consigli. Mi spiegò come comportarmi poi in corsa e le traiettorie da fare. Mario fu il dominatore delle qualifiche e dei primi 150 giri in gara. La mia macchina fu fantastica in gara andava molto bene sia nel traffico che fuori dal traffico. Dopo pochi giri ero nei primi 10 e a metà gara ero già 5°. In gara passai due volte Al Unser Sr, che poi andò a vincere. Nella curva 4 e 30 giri dalla fine mi si ruppe la paratia sinistra dell’alettone posteriore, persi il controllo della macchina a 340 kmh, tutto fu una frazione di secondo: chiudere gli occhi, pensare che se avessi visto il rettilineo di schiacciare l’acceleratore. E cosi feci, mi rannicchiai, chiusi gli occhi, li riaprii e schiacciai l’acceleratore e la macchina prosegui diritta in rettilineo. Qui l’errore dei box che anzichè farmi riaccodare al gruppo mi chiamarono ai box e perdemmo un giro che poi non potei più riprendere e perdemmo la gara. Esperienza che mancava ad entrambi. Eravamo dopo Andretti probabilmente la macchina più veloce in pista. Terminai al terzo posto, che non mi sembrava possibile ma neanche impossibile. Avevo visto che con la macchina a posto Indianapolis non era poi così difficile, aveva 4 curve che erano come la seconda delle curve di Lesmo a Monza. Al team non sembrava possibile un risultato simile, era solo questione di macchina. Al gala della premiazione fu una cosa comica per me, io ero seduto di fianco al vincitore Al Unser Sr. che sicuramente si chiedeva chi fossi, visto che avevo lottato con lui in gara, Mario Andretti non mi salutò forse perchè geloso del risultato che avevo ottenuto con tutte le sue raccomandazioni, l’allievo che supera il maestro. Quell’anno vinsi il Rookie of the Year a Indianpolis e quello della F.Indy di fine anno.

MiP: Dopo una parentesi in Giappone, è arrivata nel 1991 la F1…

FB: Adrian Newey era in F1 con Leyton House e io avendo corso in Giappone pensai fosse una buona chance per rientrare nel giro. Purtroppo la macchina che io pensavo fosse visionata da Newey, non fu così, non era veloce come le Lola e Reynard. Fui il solo pilota portare la macchina a punti a Jerez de la Frontera e a poter vincere una gara a Birmingham se non fosste stato per quello scellerato di Eddie Irvine che nel momento che lo stavo superando volontariamente mi alzò il piede e mi fece cappottare diverse volte. Avrei vinto la gara ed ero partito in 14a posizione. Terminammo la stagione e non fu per niente positiva, mi contattò Eddie Jordan per correre in F3000 con la sua squadra ma alla fine , sbagliai un’altra volta a non andare con lui e rimasi con Patrizio anche per il 1991 in F3000 con la Reynard, ma la squadra era inesperta e la macchina non si addiceva al mio stile di guida. Nel 1991 avendo trovato un pò di soldi anche con l’aiuto del mio papà si presentò l’occasione di entrare in F1 con l’AGS una squadra allo sbando ma era la F1. Come compagno mi trovai con Gabriele Tarquini che erano già due anni che correva, io non mi qualificai a Montreal per soli 3/100. Questo è il mio rimpianto più grande di quell’ esperienza. In più di una occasione fui più veloce di Gabriele, ma mai potei disputare una gara per far vedere il mio potenziale.

MiP: Dopo la sfortunata parentesi in F1 il ritorno in America…

FB: Nel 1992 mi chiamò Antonio Ferrari per correre a Indy con una Lola vecchia di due anni, dopo tre giorni di test la portai a girare a 217 mph, con dei tempi fantastici per il mezzo che era. Gli ingegneri della Lola non volevano farmi qualificare dato che il telaio della macchina era tutto delaminato e torceva tutto. Entrai in qualifica, riuscii a fare tre giri a pieno gas senza alzare il piede e mi sarei qualificato tranquillamente, ma al 4° giro ero rimasto senza gomme e picchiai alla curva 2. Decisi di ritirarmi e chi mi sostiutiò sulla mia macchina non potè far meglio di un 207 mph. Me ne tornai a casa e mai più vidi la pista di Indy.

MiP: 1993 la chiamata di Minardi…

FB: Nel settembre 1992 vedo un mio ex compagno di scuola, Massimo Ciceri, proprietario della Beta Utensili e lui mi chiede che cosa ne sia stato della mia carriera. Gli spiego cosa era accaduto in tutti gli anni passati visto che ci eravamo persi di vista per anni e lui mi disse che probabilmente erano interessati a rientrare in F.1. Cominciai a contattare Minardi, fissammo una prova a Misano dove io feci meglio di quello che si pensasse e mi apri’ le porte per entrare in Minardi, ma la cosa piu’ importante fu quella di portare un buon budget. C’era da dire che io ero a digiuno di macchine da corsa da ben 2 anni, perchè con AGS feci solo delle tentate qualifiche e nel 1992 non feci quasi nulla. Nel novembre 1992 dopo che firmai il contratto, Minardi fece delle prove a Misano con la macchina vecchia con motori Lamborghini per provare le nuove sospensioni semi attive che sarebbero state montate sulla M 193. Erano quasi due anni che non guidavo, ma i tempi fatti registrare furono molto vicini a quelli di Christian Fittipaldi che aveva appena finito la stagione con quella macchina. Mi ricordo che dissi a Gustav Brunner e Aldo Costa che secondo me le sospensioni non funzionavano a dovere perche non si riusciva a controllare gli squotimenti della macchina e loro non mi presereo sul serio. Alla gara di settembre a Monza dopo che la macchina era tornata con sospensioni normali, Brunner mi disse che avrebbe dovuto ascoltarmi prima quando io lo avevo avvertito. Questo mi fece molto piacere, sapere che un ingegnere al suo livello mi avesse detto quella cosa.

MiP: Prima metà di stagione con buoni risultati, poi però hai dovuto lasciare il sedile a Martini…

FB: Sapevo dall’inizio stagione che avevo sul collo Martini e che avrebbe preso il mio posto, mi trovavo a correre sapendo che avrei corso per solo otto gare una situazione da incubo. Non riuscii a correre con la tranqullità che devi avere per affrontare un simile percorso di vita. Non mi lasciarono entrare in sintonia con me stesso, nosostante i piazzamenti.

MiP: Dopo la F1 come è proseguita la tua carriera?

FB: Nel 1994 mi chiama Massimo Sigala chiedendomi se voglio fare il Motorshow con la Ferrari 333 e accetto. Massimo rimase molto impressionato dalla mia guida. Lui stava facendo la squadra per correre la stagione in IMSA con L’Euromotorsport di Antonio Ferrari mio estimatore e mi diedero la possibilità di correre con loro. A Daytona alla prima gara eravamo la Ferrari più veloce in pista, perdemmo la gara per un problema al cambio quando io stavo riposando. Mi misero in macchina alle 2 del mattino e io dovetti portare la macchina al traguardo dato che nessuno sapeva come manovrare il cambio, 8 ore filate. La seconda gara a Serbring, ancora la Ferrari più veloce, e gli stessi ingegneri della macchina ufficiale non capivano il perchè eravamo così veloci. Avevo un bravo ingegnere che si fidava ciecamente delle mie spiegazioni e assettava come dicevo io. Lo stesso Massimo Sigala mi diceva che non aveva mai guidato una macchina così veloce e nello stesso tempo facile da guidare. Questo era un mio punto di forza, la messa a punto che io facevo senza l’ausilio dei computer. Sentivo la macchina come pochi sapevano fare senza aiuto tecnologico. A Serbring in gara ero secondo tallonando il primo, vidi la luce della benzina che si accese, chiamai ai box chiedendo cosa fare e mi dissero di rimanere fuori che avevano fatto il pieno. Feci mezzo giro e rimasi senza benzina, dopo si scoprì che il meccanico non aveva inserito tutta la la benzina durante la sosta. Un’altra gara da vincere e invece niente. Massimo Sigala andò a parlare con il Presidente della Ferrari Montezemolo per avere un aiuto nella stagione in corso, e a quanto mi disse Massimo, Montezemolo chiese di avermi come collaudatore della Ferrari per il futuro, questa fu l’offerta che le fece prima della gara di Atlanta. Finalmente si stava riconoscendo la mia capacità di mettere a punto le macchine da corsa.

MiP: Purtroppo poi è arrivato l’incidente di Road Atlanta che ha messo fine alla tua carriera

FB: Non sono più tornato a correre perchè sapevo che avrei fatto fatica a trovare un sedile e non volevo più soffrire per avere un sedile sapendo il valore che avevo. Ero cosciente che la gente avrebbe pensato: “ma dove vuole andare questo con l’incidente che ha avuto non è più lo stesso”. Decisi così di abbandonare, cosciente che le corse non sono l’unica cosa nella vita. Dovevo trovare altre motivazioni.

MiP: Questa è stata la tua carriera, ripercorsa in un divertente pomeriggio passato insieme, grazie della disponibilità e un grosso in bocca al lupo per le tue nuove attività…

retromarcia e il cambio si bloccò. Restai immobile in macchina e mi dissi che la mia carriera era finita lì. Mi spaventai per aver fatto un grosso danno (mi ricordo quel rumore come se fosse successo in questo istante), arrivò Cesare e disse a mio padre lo riparavano e che era stato un loro errore a non togliere la retromarcia per evitare che succedesse ed era un errore e che era facile da fare per un novello. Iniziai a girare con calma il primo giorno e tutto andò bene e comincia ad abituarmi alla velocità in curva, ai freni, alle accellerazione e a sentire i cambi fatti alla macchina. Il secondo giorno girai bene, e con gomme buone feci un tempo di 1,5 secondo più veloce di quello fatto segnare da Riccardo e Cesare disse che con quel tempo sarei partito nella gara di campionato Europeo di F3 di quell’anno a metà schieramento. Adesso non era più Henry Morrogh a dire che ero veloce e avevo possibilità, ma erano i tempi fatti segnare che parlavano da soli. Nel 1982 firmai per correre in F. Monza, erano macchine con motore Fiat 500 con Artico Sandonà creatore della Tatuus, io ebbi la 001 che fu la sua prima macchina da corsa disegnata e fatta da lui e anche la mia prima macchia. L’inizio fu un disastro, un conto era girare da soli e un conto era correre in gara. Dovuto che io no avevo mai corso in kart dovetti farmi tutta l’eserienza di gara. La prima gara a Monza in parabolica mi girai e mi tagliarono in due la macchina, così è come iniziai la mia carriera. Guardandolo adesso mi viene da pensare come sono i casi della vita, prima gara tagliato in due e ultima gara della mia carriera tagliato in due. Forse è per quello che decisi di smettere di correre. Due volte esci vivo e ci sta, ma una terza? C’è un detto in Italia che dice: non c’è il due senza il tre. E la terza volta che sarebbe succcesso?